Cibo a Domicilio: se sapessi questo dei rider non lo ordineresti più | Ora vado solo a ristorante
Gli zaini e le ceste dei riders impiegati per le consegne di cibo a domicilio non sono un modello di specchiata pulizia
Durante la pandemia ci siamo abituati presto a servirci dei servizi prestati dai food delivery, quando decine di ragazzi in bici correvano per le città portando cibi e bevande a noi che eravamo chiusi in casa e avevamo comunque voglia di pizza, di sushi o di spaghetti alla carbonara. Un esercito di riders che in sella ai loro mezzi fornivano consegne a domicilio.
Il food delivery – il cibo a domicilio non è stato inventato oggi e non solo nel mondo occidentale. Infatti, se vogliamo trovare le prime aziende specializzate in consegna a domicilio di cibo dobbiamo andare in India e tornare indietro al 1890 circa quando nacquero i dabbawala, che significa “colui che porta una scatola”. Sembra proprio che questi siano stati i primi fattorini di cibo al mondo.
Sembra che il concetto di consegna a domicilio in India sia nato con il dominio britannico in quanto gli inglesi non amavano particolarmente il cibo indiano così fu creato un servizio di consegna del pranzo per chi lavorava lontano da casa. Nel mondo occidentale, invece, sono stati probabilmente gli USA a dare il via all’idea di consegna a domicilio per il cibo.
In realtà tornando indietro nel tempo al XVIII secolo notiamo che gli hotel coloniali pubblicizzavano un servizio molto simile proponendo alle famiglie di acquistare da loro cibi freschi e preparati il giorno stesso: bastava solo inviare i propri servitori a ritirare i piatti.
Sempre negli Stati Uniti dopo la Guerra Civile si diffuse la pratica del pic-nic domenicale e molti ristoranti preparavano cestini di cibo.
Le consegne a domicilio ai giorni nostri
Per questo servizio fondamentale è la scelta di contenitori, vaschette e prodotti di alta qualità per evitare che i cibi arrivino freddi, che perdano il loro sapore o i loro profumi. E il pensiero non solo va anche alla questione ambientale visto il maggior numero di rifiuti che il take away comporta. Ma le perplessità riguardano anche il mezzo di raccolta.
Inoltre, si è evidenziata la precarietà dei lavoratori di questo comparto. Fare il rider è usurante. Consegnare cibo a domicilio equivale a percorrere tanti chilometri, in monopattino, bici o motorino, sempre di fretta e in qualunque condizione, sotto la pioggia o sotto il sole, per un compenso che si può definire misero. Accade così che la questione dell’igiene nella realtà dei fatti passi in secondo piano.
L’inchiesta del Gambero Rosso
La notizia che ha destato molto scalpore deriva dalle analisi effettuate dal laboratorio SiLa di Roma su richiesta della rivista Gambero Rosso sullo zaino trasporta-cibo di un rider, dove sono state trovate più di 200 colonie di batteri. Secondo questo test, si è evidenziato
“un clamoroso buco nella filiera del food delivery” che riguarda proprio la sicurezza alimentare.
L’articolo rivela anche che, per contratto, responsabili della pulizia e sanificazione delle sacche sarebbero proprio i rider. “Un macroscopico e scandaloso scarico di responsabilità unidirezionale, dall’alto verso il basso”, dichiara il direttore Marco Mensurati, che auspica un pronto intervento affinché l’intero settore venga al più presto normato a tutela della sicurezza alimentare.