Roma è in lutto per la perdita di Antonio Donato, storico ristoratore e figura centrale della gastronomia capitolina.
Nato a Settingiano, in Calabria, Donato ha intrapreso un percorso di vita straordinario che lo ha portato dal Sud Italia fino al Venezuela, dove ha iniziato la sua carriera nella ristorazione. A soli 16 anni, insieme al fratello, ha lasciato la sua terra natale per cercare nuove opportunità a Caracas, un viaggio che avrebbe segnato l’inizio di una lunga e appassionata carriera.
In Venezuela, Antonio Donato ha mosso i primi passi come cameriere in un ristorante di Caracas. È proprio in questo periodo che nasce il soprannome “Donato”, che lo accompagnerà per tutta la vita. Per evitare confusione con un altro Antonio già presente nello staff, gli venne chiesto di utilizzare il suo cognome. In poco tempo, grazie alla sua dedizione e alla sua naturale predisposizione per il contatto umano, Donato riuscì a scalare le gerarchie e a diventare uno dei ristoratori più apprezzati della città. Il suo ristorante, “Vecchio Amore”, divenne un punto di riferimento per l’élite venezuelana, un luogo in cui la sua passione per la cucina e l’ospitalità si riflettevano in ogni dettaglio.
Nonostante il successo ottenuto a Caracas, Donato decise di tornare in Italia all’età di 31 anni, poco dopo la nascita del suo primo figlio, Gerry. Con sé portò non solo un bagaglio di esperienze professionali, ma anche una passione profonda per la ristorazione che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita.
Una volta rientrato a Roma, Donato si immerse nel mondo della ristorazione italiana, gestendo diversi locali nel cuore della capitale. Tuttavia, è con l’apertura del ristorante “Il Falchetto” che raggiunse il culmine della sua carriera. Il locale divenne rapidamente un’istituzione a Roma, grazie all’attenzione scrupolosa che Donato riservava ai suoi clienti. Amava ripetere che aveva servito “tutti, dal conte al contadino, dal presidente della repubblica al gommista”, trattando ognuno con la stessa cura e rispetto.
La sua straordinaria capacità di capire le persone gli permetteva di intuire i gusti dei clienti ancora prima che ordinassero, guidandoli nella scelta dei piatti. Questa abilità, unita alla sua naturale predisposizione all’intrattenimento, lo rendeva un padrone di casa amato e rispettato. Nonostante avesse terminato gli studi solo fino alla scuola media, Donato era una persona di vasta cultura, capace di intrattenere conversazioni stimolanti con chiunque.
Il rapporto con i suoi collaboratori era un altro aspetto che lo distingueva. Avendo iniziato la sua carriera come cameriere, conosceva bene le difficoltà del mestiere e si preoccupava di trattare i suoi dipendenti con rispetto e attenzione, creando un ambiente di lavoro positivo e stimolante.
Negli ultimi anni, Donato ha condiviso la gestione del ristorante con il figlio Gerry, con cui ha intrapreso una nuova avventura. Nonostante inizialmente Gerry non fosse interessato a seguire le orme del padre, i due hanno unito le forze, combinando l’esperienza di Donato con le idee innovative del figlio. Anche negli ultimi giorni della sua vita, Donato non ha mai smesso di interessarsi alle sorti de “Il Falchetto”, chiedendo costantemente aggiornamenti sull’andamento del ristorante.
Con la sua scomparsa, Roma perde una delle figure più rappresentative della sua scena culinaria. Tuttavia, l’eredità di Antonio Donato continuerà a vivere attraverso i ricordi e il lavoro di coloro che hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di lavorare al suo fianco. “Il Falchetto” rimane un simbolo del suo impegno e della sua passione per la ristorazione, un luogo che continuerà a portare avanti la sua visione e il suo amore per l’ospitalità.